giovedì 28 aprile 2011

Il Patriarca scorticato

Rosta

Il Patriarca scorticato

Nell'estetica classica, la bellezza del corpo umano veniva espressa con la levigatezza delle superfici. E mi fa rabbrividire il pensare che per pervenire a tale  bellezza, nelle Accademie delle Belle Arti, venivano disegnati nudi di cadaveri “scorticati” della pelle per lasciare in vista le fasce muscolari.


La  bellezza attuata per il portone di palazzo Mastromatteo in Piazza S.Domenico mi ricorda quelle dissezioni: gli è stata scartavetrata la pelle raggrinzita acquisita col passare degli anni, gli sono stati messi in vista le fasce lignee rossastre delle venature. E questo perché si continua a vedere la bellezza nella levigatezza e nella lucentezza. Il legno lucido da "mobilio per interni" nella parte alta del portone e un grigio scuro nello zoccolo sono espressioni di estetiche sintetizzabili in due parole,”lusso e lutto”. Quelle dei nostri quartieri storici non erano né lussuose, né luttuose, né luccicanti.

 

Dittico ante prima e dopo

Il portone di Palazzo Mastromatteo col passare  degli anni, era diventato un patriarca imponente, un monumento da studiare, da esplorare, da storicizzare.

Chiuso nel suo aristocratico silenzio non parlava, ma si raccontava soltanto a coloro che si fermavano a contemplarlo e a documentare la sua bellezza e le sue ferite.

Col passare degli anni si screpolava al sole e al gelo.

In alto aveva conservato un po' del verde rigato da rughe sottili.

 

 

Solchi piantumati da chiodi   muschio in basso

In basso lo zoccolo ricoperto da una lastra di zinco, fissata con  quattromila chiodi col mutare delle stagioni si corrugava, creando sequenze di solchi piantumati da chiodi arrugginiti che disegnavano un nuovo territorio verticale, un unicum urbano, arcaico e contemporaneo, perché il muschio che rinverdiva d'inverno ai suoi piedi, ancorava quel Patriarca ai muschi della Foresta Umbra mentre il freddo tremendo gli sgretolava la pelle, la carne e le ossa. Piagati dal tempo, i suoi piedi corrosi, come ingressi di caverne tenebrose, mi facevano tenerezza; irrispettoso ho fotografato le sue piaghe, ma oggi posso mostrarle e lui riemerge, rivive.

Rattoppi in via S Giuseppe

 

Ferite r

Lo zinco lacerato, impreziosito da macchie di ruggine, si inarcava come  pelle fragile e instabile che chiedeva di essere riattaccata, come hanno fatto i nostri nonni con le cuciture metalliche fatte sulle porte ancora esistenti in via Arcaroli, in via San Giuseppe, in via Sbrasile, in via De Nittis.

 

Azioni e gesti che alcuni artisti hanno rivalutato, celebrandole nelle loro opere.

 

Tra coloro che hanno letto i nostri Patriarchi, che li hanno esaltati nelle loro opere, ci sono (E. Castellani) e tutti quegli artisti che hanno “parlato” con la materia corrosa dal tempo, che hanno usato tagli, lacerazioni, rattoppi, punteruoli come Prampolini, Fontana, Pomodoro, Leoncillo, Mario Merz, Burri, Mimmo Paladino e altri mille, che sono stati i miei maestri, che mi hanno consentito di vedere il fascino nel fatiscente storico.

 

Gerardo cuce Rattoppi in via Arcaroli


Crocifisso di Mimmo Paladino rNelle porte di bronzo di Mimmo Paladino, della nuova chiesa di S. Giovanni Rotondo (Fg), è stato riscritto ciò che è stato cancellato dalle nostre porte storiche; c'è il verde patinato dal tempo, rigato da segni, da abrasioni e anche la corrosione del legno ai piedi del Cristo.

Segni, crepe, rughe, corrosioni, lacerazioni e cuciture sono elementi delle arti contemporanee che gli artisti locali disdegnano e gli amministratori locali ignorano o trascurano.

Questi documenti storici vanno tutelati; andrebbero esaltati e divulgati con mostre e convegni, per fa si che i nostri luoghi acquistino valore, ma non se ne fa nulla.

 

Da noi invece è stato ed è più comodo distruggere che imparare a vedere i valori che l'azione del tempo aggiunge al documento storico. Coloro che hanno il potere forse non hanno tempo per leggersi i principi scritti nelle Carte del restauro, redatte dall'800 ad oggi e accennati nell'articolo 78 del nostro Regolamento edilizio dove sta scritto che ”le facciate con paramento a stucco eseguite prima degli ultimi cinquanta (50) anni dovranno essere conservate nelle loro caratteristiche, compreso i valori acquisiti col TEMPO, come la trasparenza e la patina”.

 

Per vedere i valori del tempo ci si deve umiliare a ridisegnare con scrupolo analitico il documento su cui si dovrà intervenire per scegliere la giusta estetica, impostata sul principio della CONSERVAZIONE, ma nessuno lo fa.

 

La lettura dei valori degli elementi storici è un'azione educativa rivolta ai proprietari e ai tecnici, che spetta agli Amministratori del nostro paese, ma da noi non è mai accaduto.

Si cancella, si abbellisce, si ammoderna. Quando Vico avrà perso i tratti che caratterizzano le diverse età dei quartieri e dei singoli elementi storici, diventerà scialbo e insignificante.

 

Ho implorato tecnici, proprietari e amministratori comunali affinché conservassero la vera pelle del Patriarca, anche ricoprendola momentaneamente con un pannello di legno, lucido, elegante lussuoso come va oggi di moda, però rimovibile se un domani si fosse cambiato il modo di vedere, ma la mia richiesta non è stata accolta.

 

Cos'altro dovevo fare per salvare questo documento storico? (Gianni De Maso)

 

Il Patriarca scorticato – un set di foto su Flickr

 

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