lunedì 19 agosto 2013

Arte e società

Nella nostra società la funzione formativa dell'arte è delegata alla scuola, però prima e dopo il periodo dell'obbligo restano ancora enormi vuoti da colmare.

Nella fase prescolare, dai due ai sei anni, il bambino possiede grande lucidità negli apprendimenti, che gli saranno basilari per gli sviluppi successivi, ma spesso viene abbandonato a se stesso tra ghirigori insignificanti e stereotipi deprimenti.

Gli adulti che gli stanno intorno non hanno la preparazione adeguata per avviarlo alla creatività, iniziando col fargli tracciare, linee, segni e forme, tra il fare giocoso e la gradualità dell'impegno.

Poiché, in questa fase che si svolge tra le mura domestiche, il bambino apprende imitando, credo che sarebbe una grande innovazione socio-culturale se l'Amministrazione Comunale promuovesse momenti formativi per i genitori coinvolgendo inizialmente gli artisti presenti in questa rassegna e successivamente invitando esperti.

L'altro grande, immenso vuoto dell'arte nei nostri paesi lo si constata dopo il completamento dell'obbligo scolastico, da quindici anni alla vecchiaia. Il poderoso potenziale creativo che la comunità possiede, se non ha alcuna guida, se non ha un indirizzo utilitaristico e umanizzante, si perde e la comunità impoverisce e si degrada.

Che fare?
Cosa si può fare per incentivare la creatività degli adulti?
Tantissimo!

La rassegna voluta e promossa da Nino Spera, patrocinata dall'Amministrazione Comunale, col contributo della Pro Loco e dei commercianti locali è un esempio ammirevole che deve diventare un punto di partenza per ulteriori traguardi, ma se tutto finisce con la chiusura della mostra, si è perso soltanto del tempo.

mercoledì 2 gennaio 2013

Ricordare Gae Aulenti a Vico del Gargano

Gae Aulenti (1927-2012)
Ricordare Gae Aulenti ad un mese dalla sua scomparsa fisica è un obbligo, per evitare che scompaia dal nostro paese il suo pensiero progettuale.

Oltre ai lavori realizzati in tutto il mondo, Gae Aulenti ha stilato il "Documento di inquadramento per il progetto di riqualificazione e rivitalizzazione del Centro Storico di Vico del Gargano".

Durante il mio periodo di insegnamento nella scuola, con gli alunni abbiamo studiato le opere più significative dell'Aulenti e i principi del suo modo di progettare. Il testo di Margherita Petranzan è stato prezioso per me e per gli alunni.

Avevamo imparato quei principi, ma dall'analisi dei restauri realizzati nel Centro Storico se ne deduce che gli adulti, i quali di fatto operano nel nostro paese, ignorano quegli stessi principi. Pertanto è mio dovere divulgarli affinché restino nella memoria vichese, per chiunque senta il dovere di conoscerli e di adottarli.

  • “Fare architettura significa iniziare col crearmi più vincoli possibili, vincoli che prendo dal luogo stesso oltre che dalle discipline. Infatti uno dei complimenti più belli che si possono fare a un'architettura è dire che sembra sia sempre esistita in quel contesto.” 
  • “Io sono convinta che l'architettura è legata alla polis, è un'arte della città, della fondazione, per cui non può che essere riferita e condizionata da quel determinato contesto in cui nasce. Il luogo, il tempo e la cultura formano quella architettura invece che un'altra.” 
  • “Credo che il luogo sia innanzitutto un fatto concettuale, cioè un fatto di cultura; infatti se si opera a Parigi, a Barcellona, a Milano o a Roma le condizioni culturali sono diverse. Capire queste diversità e conoscerle, diventa, per chi si accinge a progettare, una necessità in quanto si deve operare in continuità con la tradizione di un luogo.” - (1)

La conoscenza della tradizione costruttiva di un luogo non è qualcosa che si eredita passivamente, ma si costruisce caparbiamente giorno per giorno, rispettando umilmente ogni gesto lasciato sul luogo da chi lo ha abitato prima di noi.

Invece negli interventi restaurativi si continua a cancellare tutto il passato di un'abitazione, si realizzano abbellimenti stranianti, contaminanti la vetustas patriarcale che il borgo antico aveva acquisito. Si sovrappongono alla storia contadina estetiche arbitrarie e puerili, ma sono soltanto architetture vuote, non pregnanti di storia e di tempo.

La tradizione la si legge nel continuo correre: dal luogo ai testi delle arti visive ed anche ricercando quelle progettazioni dell'architettura contemporanea illuminanti nel mostrare i valori del nostro luogo.

E ancora leggo da Walter Benjamin in una lettera all'Aulenti: “il nuovo che hai colto, consiste in una sorta di principio etico, dove le regole vengono fissate dalle infinite variabili che con cavillosa puntualità hai saputo individuare in ogni luogo in cui sei stata chiamata ad intervenire.”

Per approfondire la conoscenza del pensiero progettuale di Gae Aulenti occorre analizzare il “Documento di Inquadramento“ consegnato a Vico nel Dicembre 2006. Ma una trattazione anche sintetica renderebbe pesante il ricordo di una personalità stimata da tutti.

Gianni De Maso

(1) Margherita Petranzan, Gae Aulenti, edizione Rizzoli-Skira, Milano 2002.