giovedì 14 giugno 2012

Superfici garganiche. La patina del tempo e le imbiancature.

Vicolo Raspone, la patina del tempo in alto e le imbiancature in bassoVico del Gargano, via StefanelliVico, via Stefanelli. Purezza incontaminata in basso. La pergola, in alto, in legno è un barbarismo moderno e straniante.dal buio della penombraGrotte preistoriche del GarganoGrotte di Trombetta, Cagnano
IL Gargano è un immenso oceano....I neri dei muschi sulle rocce screziate dal giallo dei licheniVico del Gargano, via Azzarone, l'azione del tempo e le imbiancatureVico, via Azzarone, la patina del tempo e le imbiancatureVico, Cinta muraria,  via LisandricchioVico, via Lisandricchio, esterna alla Cinta Muraria della "Civita"
Vico del Gargano, via Lisandricchio,Vico, vicolo Tozzi. Scorcio dal bassoVeduta di vicolo  TozziMicro steli della vegetazione parietale in via AngelicchioVico, vegetazione parietale in via AngelicchioVico, vicolo Tozzi, filo di gronda sfrangiato e muschio secco.
via Paolino, IschitellaVico, via Stefanelli. Tradizione incontaminata, il tempo e le imbiancatureIschitella. Porta del Rivellino, giugno 2007Arco in Largo PerrilloArco Perrillo, comignolo pensile. Anche il nero della fuliggine è una testimonianza profonda di vite umane vissute in povertà.Vico, la "Civita", Largo Perrillo, natura e architettura (storia del Gargano), l'intonaco piatto non fa parte della storia di questo luogo.
Il Gargano è roccia accecante che si innalza dal mare, imponente, disegnata dalle righe della selce nera, mostra i suoi fantastici grafismi. Ondulata, fluttuante, corrugata, aggrovigliata, accartocciata, raggrinzita, contorta, frammentata, spezzettata, distesa, rasserenante ed altro ancora. Per conoscerla servono le immagini: moltissime sono su internet, molte altre vanno cercate da noi. Fotografarle, documentarle, divulgarle diventerebbe un arricchimento per tutti.
Ma il Gargano non è soltanto quello fantasticamente solare. Il Gargano vero e profondo è anche altro.


Il Gargano gargano è un immenso sconfinato oceano. 

Domenico Antonacci con il gruppo Argod.
Per incominciare a conoscerlo bisogna immergersi dentro. Scendere in basso, in profondità, nel remoto più antico, là dove la luce scompare ed inizia il buio tetro del tempo. Poi aspettare che dal buio della penombra incomincino a vedersi i neri delle spelonche abitate, i neri dei muschi sulle rocce della foresta screziate dai licheni, i neri della patina del tempo che sta in alto sotto il filo di gronda nei nostri paesi. I neri dei muri, vellutati dai riflessi giallastri dei micro steli della vegetazione parietale, vivevano in alto, là dove mano umana non potevano contaminarli.  

Quei neri in alto sui muri delle vecchie case sono gli aspetti più preziosi per un borgo antico, sono le scritture del tempo, sono i nostri patriarchi viventi. Stanno ancora tra noi su alcune facciate e non li abbiamo ancora sepolti sotto strati di intonaco o non li abbiamo ancora sradicati dai muri dove si sono formati nel corso degli anni. Quelle patine nere, non sono superfici piatte, cupe, ma puntinate da migliaia di grigi, dai bianchi, dal giallo arancio dei muschi come in una notte stellata. Sono la presenza del tempo trascorso sul luogo, loro sono il passato e le storie visive del nostro Gargano, del Gargano che scompare, del Gargano che noi tutti lasciamo far scomparire. Quei trisavoli, come in un ritratto di famiglia, convivevano con le imbiancature stese giù in basso sui portali di pietra, sul tessuto murario, sugli zoccoli di roccia. Loro tremano, non per il freddo delle notti, loro sono terrorizzati dagli interventi irriverenti dei nuovi esteti che odiano la patina del tempo, la schifano e la distruggono.

L'azione del tempo sul manufatto architettonico, che John Ruskin definiva “sublime”, che Cesare Brandi ritiene un “arricchimento estetico” e Camillo Boito rispettava definendola “splendido sudiciume”, da noi è disprezzata. La patinatura artificiale che dà il senso del tempo alla costruzione è abbastanza diffusa anche nell'architettura contemporanea: il Caixa Forum di Herzog & de Meuron a Madrid, la biblioteca di Azkoitia in Spagna, il Cubo di Jean Nouvel nel lago a Murten/Morat.

Qui, da noi, nessuno ha il coraggio di dare la percezione del tempo trascorso, sui muri dei nostri quartieri storici.

I nuovi esteti odiano tutto ciò che è antico, che è storico. Odiano le stratificazioni dei colori stesi, dalle mani maschie delle donne, come unico momento estetizzante della loro angusta esistenza. Come loro, nel suo travaglio esistenziale, Mark Rothko usava poche tinte nelle sue composizioni, grandi fino ad altezza d'uomo e sfuocate ai bordi. Sono gli artisti che ci fanno vedere i nostri luoghi, ma noi non li conosciamo, non li studiamo, né produciamo arte. I nuovi esteti, che non hanno mai vissuto l'emozione dello stendere un colore sulla cruda pietra, né sulla tela, né il travaglio della composizione policroma, né gli impasti o le stratificazioni, non potranno mai vedere ciò che è storico. Sono come i ciechi, perché per vedere occorre riprodurre manualmente ciò che sta davanti agli occhi. E sono questi ciechi che stanno trasfigurando l'architettura garganica in sequenze scatolari disseminando il Gargano di scatole biancastre.

Ma i colti dove sono? I colti che formano la manovalanza, i colti che fanno speculazioni teoretiche, i colti che tracciano estetiche e storie, dove stanno? Forse per i nuovi colti i centri storici non hanno storia. Case e cose vecchie non fanno storia. Forse? Non è così: poiché anche un frammento è un documento, come lo sono quelli esposti nelle teche della biblioteca comunale di Vico del Gargano. Per conoscere le storie delle colorazioni stese sulle abitazioni bisogna affrettarsi a fotografare i rari frammenti ancora esistenti. Scomparsi questi frammenti, cosa sapranno i giovani della storia del colore e delle superfici dei paesi del Gargano? Si diranno illazioni, come ne sento tutti i giorni, ricordi vaghi, senza una documentazione concreta.

Via Sotto le Logge. Pareti scarnificate.
Sono state scarnificate le pareti dei nostri centri storici. È stato denudato ciò che era vestito periodicamente con strati di calce bianca e spesso anche colorata con tinte sgargianti, e nessuno protesta. Nessuno se ne accorge. Anche quelle imbiancature fanno parte della storia, ma nessuno fa qualcosa per arrestarne lo sterminio!

Trovare nei nostri paesi un muro con le superficie tradizionali garganiche è diventato sempre più raro. Ovattate dalle periodiche imbiancature, le tessiture di pietre dei muri antichi diventavano delle candide sculture in bassorilievo, dove gli effetti chiaroscurali disegnavano la narrazione di ciascuna abitazione. Sotto il velo degli strati di calce si poteva conoscere la ricchezza o la povertà del costruito a seconda della quantità di pietre a faccia vista usate. Le pietre grandi, contornate da pietrame minuto, formavano brani figurativi unici. Nessuna parete antica era perfettamente uguale ad un'altra. Erano simili, ma diverse. Quelle armoniche somiglianze costituivano la coralità silenziosa dei quartieri storici.

Ora, nei recenti restauri (che dovrebbero esser “conservativi”), le pietre vengono sepolte sotto strati di intonaco con il rasante finale. La casa perde la sua narrazione figurativa fatta di forme e gesti estetizzanti. Il racconto dei muri d'oggi è uguale a quello di un foglio di carta bianca appena tirato dalla risma. Nuovo, pulito e bello, ma non ha nulla di storico. I muri storici di Vico e dei paesi del Gargano stanno diventando come fogli di carta. Nessuno incornicia un foglio di carta nuovo e lo espone nel salotto. Nessuno dovrebbe consentire di trasformare i quartieri storici in sequenze di superfici piatte. In nessun blog, in nessun sito, ho trovato fotografie di muri piatti del Gargano storico.

Hendrik Petrus Berlage scriveva che “un muro intonacato è una menzogna”. E purtroppo nei nostri centri storici si stanno scrivendo menzogne sui muri.

L'architettura classica e quella degli stili si leggeva per i disegni delle ombre create dalle modanature e dalle parti aggettanti. Era insieme architettura e scultura. L'architettura del Gargano era disegnata dagli aggetti irregolari delle pietre, era popolare, vernacolare e strettamente locale, ma non la legge nessuno. Nessuno la vede. Nessuno la tutela.

Le sculture contemporanee di Alberto Viani, di Enrico Castellani, di Giò Pomodoro, di Turi Simeti, di Agostino Bonalumi e del foggiano Vito Capone, improntate verso la ricerca di un plasticismo di superfici bianche, ci aiutano a vedere e a rivalutare i valori plastici dei nostri muri. Gli artisti citati hanno prodotto opere d'arte. I muri costruiti dai nostri antenati non sono opere d'arte, sono la nostra storia, ma nessuno la tutela. Nessuno!

--
G. De Maso

PS.
Dopo questa disanima sconfortante, che fare?
A chi ti rivolgi, a chi parli, per chi scrivi?
Per chi pubblico le immagini su internet?

Nessun commento:

Posta un commento