La ricognizione e la documentazione delle espressioni vernacolari spontanee del costruito ancora presenti nel Gargano è un'urgenza culturale pressante da promuovere poiché queste testimonianze del costruire popolare vengono distrutte continuamente e quotidianamente.
Queste forme genuine, uniche, non sono tutelate chiaramente dalle leggi dello Stato che, invece, delegava ai singoli comuni l'individuazione e l'elencazione con indagini attente per la loro conservazione. La lettura dell'architettura popolare non è mai stata fatta con la gente, né in particolare con gli abitanti delle zone storiche, i quali comprendendone il valore ne sarebbero diventati i più attenti tutori.
Castelli, torri, chiese, palazzi nobiliari, portali sono valori già acquisiti; anche un qualsiasi pezzo di pietra con un minimo di decorazione viene conservato da tutti. Ma i comignoli in pietra, le grondaie di embrici e di coppi, le mensole grezze ai lati delle finestre e quella lunga in pietra sull'architrave della porta, gli opus incertum dei muri, gli scalini che si espandono verso l'alto, il lavatoio scolpito per terra accanto all'uscio di casa, gli andamenti ritmici appena accennati delle pavimentazioni ci appaiono brutti e non sono tutelati.
Brani minori dell'architettura minore, espressi senza regole codificate, rozzi e storti e per questo disprezzati ed odiati, rischiano di essere smantellati da chi vede nello squadrato, nel rettilineo, nelle superfici levigate, nella simmetria, nell'ordinato seriale, l'unica estetica valida che possa dar valore ai quartieri storici del Gargano.
Al contrario, Bruno Zevi scrive: "La poesia stregata dell'architettura popolare del sud dipende dalla deformazione, dall'istintiva ostilità per il filo a piombo, per la riga, la squadra ed il compasso. […] Archi nient'affatto tondi, tetti sbilenchi, angoli obliqui, divergenze e curve approssimative […] ed ancora panciuti muri a pietrame […], le gobbe ed i contorcimenti rusticheggianti".
Ed anche Benincasa spiega: "La deformazione è l'impronta delle mani che plasmano amorosamente un oggetto".
Ed anche Benincasa spiega: "La deformazione è l'impronta delle mani che plasmano amorosamente un oggetto".
L'obiettivo di questo blog è essere un punto di partenza per raccogliere le diverse espressioni popolari ancora presenti nei paesi del Gargano. L'invito alla partecipazione diventerebbe un arricchimento reciproco, utile negli interventi restaurativi sia dei progettisti che degli Uffici Tecnici Comunali.
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Citazioni da "Dialetti architettonici", Bruno Zevi, 1996.
Anche a Serracapriola sono stati affrontati analoghi argomenti di restauro, deformazione ed interventi:
RispondiEliminahttp://serracapriola.net/centro/architettura/deformazioni/fotarch.html